Lo squalo elefante (Cetorhinus maximus) è uno dei tre squali attualmente conosciuti, insieme allo squalo grande bocca (Megachasma pelagios) ed allo squalo balena (Rhincodon typus), che nuota con la bocca spalancata filtrando migliaia di litri di acqua ogni ora, per estrarre il plancton di cui si ciba.

Niente attacchi cruenti e nessun corredo di grandi denti per sferrare l’offensiva, ma soltanto un pacifico nuoto a bocca aperta, “gustando” le prelibatezze planctoniche del mare, senza nessun apparente sforzo. (lo squalo elefante è dotato di numerosi denti, ma piccoli e relativamente deboli, non utilizzati per nessuna forma di predazione)
 


 

Lo squalo elefante nuota sia in acque costiere che in acque profonde, solitario o anche in gruppi numerosi. Non raramente viene avvistato poco sotto la superficie dell’acqua, mentre si sposta a velocità ridotta e con la bocca spalancata. Questo pesce è il più grande del Mediterraneo, è segnalato ovunque in questo mare, tranne nelle coste sud-orientali.
Nelle acque italiane nuota soprattutto nel Tirreno e nel medio-basso Adriatico. È presente anche negli oceani Pacifico, Atlantico ed Indiano.

Lo squalo elefante può arrivare ad una lunghezza massima di circa 10-13 m, con un peso vicino alle 10 tonnellate mentre la taglia media sembra fermarsi intorno ai 3-5 m.
Non si conoscono le dimensioni dei piccoli alla nascita, il più piccolo esemplare catturato aveva una lunghezza di 165 cm.
Non si hanno certezze nemmeno sulla riproduzione di questo animale, probabilmente vivipara aplacentata, con oofagia e adelfofagia. Il periodo di gestazione infine risulterebbe molto lungo, addirittura fino a tre anni!

Nonostante la sua mole lo squalo elefante è assolutamente inoffensivo per l’uomo ed infatti si lascia facilmente avvicinare e fotografare. Purtroppo, forse proprio per questa “mansuetudine” e per la sua ridotta velocità nel nuoto, questo squalo viene cacciato intensamente ed oggi è considerato addirittura una specie in pericolo di estinzione.
(viene cacciato soprattutto per la grande quantità di olio presente nell’enorme fegato)

 


 

Consideriamo ora le caratteristiche fisiche dello squalo elefante ed il motivo del suo curioso nome:
Gli esemplari giovani di Cetorhinus maximus hanno il muso molto allungato, simile alla proboscide di un elefante e da questa caratteristica proviene il nome di squalo elefante.
In età adulta però il muso diventa più corto ed arrotondato e le proporzioni del capo ritornano nella norma.
In questo squalo il dorso è di colore grigio scuro, fino ad arrivare al marrone scuro, mentre il ventre è più chiaro. Sul muso e sul ventre possono essere presenti macchie più chiare.
Gli occhi sono piccoli e sono presenti, tra essi e la prima fessura branchiale, gli spiracoli.
Le pinne dorsali sono due, la prima molto grande, alta e triangolare, che può perdere tono durante l’età matura e presentarsi alla vista non più dritta ma “afflosciata” sul dorso.
La seconda pinna dorsale è molto più piccola ed arretrata.
Le pinne pettorali sono lunghe e grandi ed infine la caudale è quasi simmetrica, a mezzaluna.

Lo squalo elefante ha cinque fessure branchiali molto ampie, quasi circondano il capo dell’animale e sono rivestite di numerosissimi filamenti chiamati branchiospine, lunghi fino a 10 cm, che hanno la funzione di filtrare l’acqua (fino a 9000 litri all’ora) ed intrappolare il plancton di cui lo squalo si ciba. Ogni tanto l’enorme bocca si chiude ed il boccone viene inghiottito..
Durante il periodo invernale le branchiospine probabilmente vengono lasciate cadere per essere sostituite e l’animale inizierebbe una sorta di ibernazione, digiunando in acque profonde e sfruttando le risorse accumulate nel suo enorme fegato.

Come si è potuto comprendere la biologia dello squalo elefante presenta ancora oggi molti lati oscuri, essendo molto difficile lo studio di questo squalo nel suo ambiente naturale..

 

Plancton: organismi animali e vegetali, di piccole e microscopiche dimensioni, incapaci di opporsi ai movimenti delle correnti, quindi senza movimento autonomo completo.

Riproduzione degli squali: circa il 30% degli squali ha una riproduzione ovipara, cioè la femmina depone le uova nell'ambiente esterno, racchiuse da una capsula cornea protettiva; circa il 50% ha una riproduzione vivipara aplacentata, cioè la femmina trattiene le uova all'interno degli uteri e i piccoli, dopo essersi nutriti del sacco vitellino, escono all'esterno completamente formati; il rimanente 20% ha una riproduzione vivipara placentata, dove il piccolo squalo è in contatto con la madre attraverso una primitiva placenta e dopo aver completato lo sviluppo esce all'esterno. Anche in questo ultimo caso è presente un piccolo sacco vitellino che, una volta riassorbito, contribuisce a formare la primitiva placenta.

Nella riproduzione vivipara aplacentata possono manifestarsi due situazioni particolari:
1) oofagia, quando i piccoli di squalo, nell'utero materno, una volta utilizzato il sacco vitellino, si nutrono di uova non fecondate che la madre continua a produrre.
2) adelfofagia, quando i piccoli di squalo, uno per ogni utero materno, si nutrono dei "fratelli" (cannibalismo intra-uterino) e quindi nascono soltanto due piccoli.

 

 

 

 

 

Marco Angelozzi - www.prionace.it

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