Gli squali
sono animali molto antichi, presenti sulla terra già ai tempi dei
dinosauri, centinaia di milioni di anni fa e la loro evoluzione non si è
mai arrestata, arrivando fino ad oggi con esemplari praticamente
perfetti, tra i più grandi e perfezionati predatori dell’ambiente marino
(alcuni studiosi pensano che l’evoluzione degli squali sia arrivata al
massimo livello già 100 milioni di anni fa).
Al genere Cladoselache appartengono alcuni
dei più antichi squali di cui ci siano informazioni abbastanza precise.
Questo genere di squali (non è l’unico) si sviluppò durante il periodo
Devoniano circa 400 milioni di anni fa e fu presente per 100-150 milioni
di anni.
(il nome Devoniano deriva da quello della contea Devon, in Inghilterra,
dove sono abbondanti gli affioramenti di rocce del periodo)
I resti fossili dello squalo Cladoselache sono abbastanza
numerosi e ben preservati: oltre ai denti e vertebre, sono arrivati ai
nostri giorni anche porzioni di pelle, muscoli ed organi interni.
Questo animale era molto particolare, presentava elementi caratteristici
degli antichi squali dell’epoca, ma anche strutture presenti tuttora
negli squali moderni.
La lunghezza del Cladoselache era di
1,2-1,5 m, il suo corpo affusolato, con due pinne dorsali.
Davanti ad ognuna di esse era presente una spina fatta di tessuto osseo
molto poroso, leggera ma robusta, importante arma di difesa negli oceani
di 400 milioni di anni fa..
Le pinne pettorali erano larghe ed arrotondate, mentre la pinna anale
era assente.
Il muso del Cladoselache era tipico di quello degli antichi
squali: corto ed arrotondato e le mandibole avevano posizione terminale,
cioè poste di fronte alla testa e non ventrale, come negli squali
moderni. I denti avevano i bordi lisci, con una punta centrale più
grande e più cuspidi laterali, adatti per afferrare le prede ma non per
masticarle.
La pinna caudale era molto robusta, a forma di mezzaluna, con il lobo
superiore leggermente più grande. (esternamente asimmetrica ma con
struttura interna simmetrica)
Queste caratteristiche fanno pensare che lo squalo
Cladoselache fosse un predatore pelagico, molto veloce, che
inseguiva le sue prede afferrandole per la coda ed ingoiandole anche
intere.
Le prede principali erano pesci ossei, crostacei e calamari.
Al contrario degli squali moderni la pelle di Cladoselache era “nuda”,
non ricoperta da squame, tranne intorno agli occhi e nei bordi delle
pinne.
Un elemento che invece fa avvicinare questo animale agli squali moderni,
oltre alla forma e grandezza della pinna caudale, sono le carene o
chiglie, delle sporgenze lungo i fianchi dello squalo, prima della pinna
caudale, caratteristica dei veloci predatori pelagici.
La modalità di riproduzione dello squalo
Cladoselache rimane ancora misteriosa, infatti in nessun resto
fossile sono visibili gli pterigopodi, gli organi sessuali attraverso i
quali questi animali si riproducono (la parte terminale delle pinne
ventrali si allunga e si calcifica formando due pterigopodi).
Nei fossili di squali di altri generi, sempre
vissuti nel Devoniano, gli pterigopodi sono stati sempre individuati ed
è quindi certo che questa riproduzione con fecondazione interna fosse
già presente 400 milioni di anni fa come oggi negli squali moderni.
Questo potrebbe significare che, nonostante i numerosi resti fossili, il
maschio di Cladoselache rimane ancora non identificato. Alcuni
studiosi, considerando questa possibilità statisticamente difficile da
accadere, hanno azzardato l’ipotesi che lo squalo maschio di
Cladoselache avesse potuto estroflettere parte della cloaca ed usarla
come pterigopodio per la fecondazione interna della femmina. Questo
metodo di riproduzione è utilizzato da alcuni uccelli, rettili ed anfibi
ancora viventi.
Marco Angelozzi -
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