Tsunami e barriere coralline.. (di Marco Angelozzi)
 

Il giorno 23 dicembre 2004 a nord delle Isole Macquarie (vicino l’Australia) si scatena uno dei terremoti più forti che si ricordino nella storia di quell’angolo del pianeta. La magnitudo è 8,5 della scala Richter, un valore altissimo e nelle ore successive seguono alcune scosse di assestamento.
La Geologia insegna che in genere un forte sisma non ne causa altri ed anche per questo motivo nessuno poteva immaginare che dopo appena tre giorni si sarebbe registrato, a circa 3000km di distanza, il più violento sisma degli ultimi 40 anni..

Il 26 dicembre infatti un terremoto con epicentro a nord-ovest dell’isola di Sumatra, nei fondali dell’Oceano Indiano, libera una energia pari a quella che si avrebbe con l’ esplosione di 20000 bombe atomiche..
Questo evento causa lo spostamento della Terra di 3 cm rispetto al suo asse di rotazione, un accorciamento della giornata di 3 milionesimi di secondo, uno spostamento dell’isola di Sumatra di 30 mt verso sud-ovest e soprattutto uno dei più potenti e devastanti tsunami mai osservati a memoria d’uomo..

Lo tsunami, dal giapponese “onda del porto”, può essere causato, come in questa situazione, da un forte terremoto sottomarino che turba e sposta la colonna d’acqua sovrastante molto violentemente dal basso verso l’alto.
Questo spostamento genera una serie di onde anomale che possono diffondersi per migliaia di km a velocità altissime, fino a raggiungere la terraferma.
In mare aperto le onde hanno una altezza minima, appena 50 cm o meno, ma quando raggiungono fondali più bassi le masse d’acqua, a causa dell’attrito, diminuiscono la velocità della loro corsa e si innalzano anche fino a 10 metri, come accaduto il 26 dicembre, inondando la terraferma..
Prima che le onde si abbattano sulla costa c’è una forte risacca, il mare si ritira per decine di metri e questo è il segnale che l’acqua sta per invadere la costa..
Le aree colpite dallo tsunami del 26 dicembre sono state la Thailandia, l’India, lo Sri Lanka, l’Indonesia, la Malesia, le Maldive e le onde sono arrivate anche in Africa, sulle coste della Somalia, Kenia e Tanzania.

 

 

 

 

 

(Zone colpite dallo tsunami. Il punto rosso indica il probabile punto di partenza delle onde anomale)

 

(Zone colpite dallo tsunami. Il punto rosso indica il probabile punto di partenza delle onde anomale)

 

Tutte le formazioni coralline di queste zone, le più ricche del globo come biodiversità (con circa 1700 specie diverse di pesci e 400 di madrepore) sono state colpite duramente dalla forza distruttrice delle onde e su di esse si sono riversate grandi quantità di fango, sabbia e rifiuti.
Le onde di ritorno che hanno invaso la terraferma hanno infatti trascinato in acqua detriti, rifiuti, veleni ed idrocarburi strappati dalle industrie e dalle abitazioni dell’uomo.

Sono ancora poche, a due mesi dall’evento, le rilevazioni subacquee effettuate per rendersi conto dello stato della flora e fauna, ma sono risultate subito evidenti le grandi quantità di sabbia che hanno ricoperto la barriera corallina..
Questa copertura può mettere a rischio la sopravvivenza del corallo stesso in quanto non permette alle alghe zooxantelle che vivono dentro di esso di ricevere la luce del sole ed effettuare la fotosintesi clorofilliana.

 

 

(Immagini tratte da “Il corriere della sera”: l’onda anomala raggiunge la costa)

 

Se questa situazione perdurasse diversi mesi le alghe rischierebbero di morire, mettendo in seria difficoltà anche il corallo che con esse vive in simbiosi, ricevendo sostanze organiche importanti per lo sviluppo e per la costruzione della barriera.

Una soluzione potrebbe essere quella di organizzare un piano di “pulizia” dei coralli che coinvolga numerosi e volenterosi subacquei facendo tornare letteralmente alla luce queste meraviglie della natura. Si spera inoltre che le forti correnti che sono presenti in molte di queste zone possano ripulire naturalmente la barriera e contribuire al ritorno di una situazione di normalità.

La forza delle onde ha inoltre causato la rottura di molti coralli ramificati, frane di porzioni di reef (addirittura blocchi di 1-2 m cubi sradicati dalle pareti) con l’accumulo di essi sui fondali, compresi quelli delle pass, che in alcune zone hanno diminuito la loro profondità di 2-3 metri!
(le pass sono delle piccole interruzioni della barriera corallina che collegano l’oceano con il mare interno all’atollo, attraverso le quali in genere scorrono forti correnti).

 

   

(Immagini della barriera corallina colpita dallo tsunami, con ventagli e coralli ramificati spezzati)

 

Le numerose aree distrutte possono inoltre aver lasciato l’abbondante fauna tropicale di cui questa area è ricchissima senza rifugio, come per esempio il pesce pappagallo che è solito utilizzare le cavità tra i coralli come riparo per la notte. Questo pesce si nutre di alghe che strappa dalla barriera con il suo becco corneo e le zone dove era solito nutrirsi potrebbero essere state spazzate via.
L’aragosta, come altre specie di crostacei e molluschi tropicali che si nascondono negli anfratti delle madrepore, potrebbe essersi ritrovata senza habitat e costretta a riadattarsi e colonizzare altre zone. Il barracuda, grande predatore che può arrivare a 2 metri di lunghezza che si muove in branco durante il giorno e caccia di notte, ha bisogno per vivere di acque limpide ed i movimenti causati dallo tsunami potrebbero ora farlo trovare in difficoltà.

Quali zone sono state maggiormente colpite dalla violenza dello tsunami?

L’area asiatica ed in particolare le barriere coralline delle isole Andamane e Nicobare sono state maggiormente raggiunte dalla violenza delle onde anomale. Qui sono stati osservati numerosissimi cespugli di coralli ramificati spezzati, cumuli di frammenti, detriti ammassati nei fondali e porzioni di reef crollati e parzialmente ricoperti di sabbia..
Nelle aree più lontane, raggiunte da una minor violenza delle acque, le barriere coralline sembrano aver riportato danni di minore entità.
Alle Maldive ad esempio, in base allo studio preliminare effettuato dal Marine Science Group dell’Università di Bologna, i danni sarebbero più contenuti e rappresenterebbero soltanto il 6% dell’intero sistema corallino, recuperabile in tempi relativamente brevi.
In questo caso viene ipotizzata una funzione di protezione dell’isola di Sri Lanka che avrebbe frenato la corsa delle onde anomale e della particolare conformazione dei profondi fondali dell’arcipelago.

 Questi sono gli effetti che l’impatto delle onde anomale ha generato direttamente ed indirettamente sull’ambiente naturale della barriera corallina dell’area asiatica. Quali sono stati invece gli effetti diretti dell’arrivo dello tsunami sulla fauna marina e terrestre?

I risultati delle prime ricerche sembrano sorprendenti. Tutti gli animali che avevano la possibilità di allontanarsi in fretta lo avrebbero fatto poco prima dell’arrivo delle onde anomale riducendo le loro perdite a livelli molto bassi. Per quanto riguarda la fauna marina sicuramente alcuni pesci, molluschi e crostacei di piccole dimensioni saranno stati sbattuti con esito mortale sulla barriera ma la maggioranza di essi, come concordano gli etologi che hanno considerato il caso, avranno percepito con buon anticipo l’arrivo delle masse d’acqua. Questo grazie ai loro acutissimi sensi, soprattutto la capacità di captare frequenze altissime o bassissime che li avrebbe allertati con buon anticipo e permesso loro di rifugiarsi in acque a profondità sicure.
(Ovviamente i rilevamenti subacquei hanno fatto notare che in alcune zone non c’è più abbondanza di pesci ma questa situazione è probabilmente collegata all’alterazione dell’habitat, con la distruzione di rifugi e tane nelle barriere, situazione riconducibile a normalità in tempi relativamente brevi).

 Queste “informazioni” riguardanti l’arrivo di onde anomale sarebbero poi state percepite anche dagli animali terrestri, facendoli allontanare in territori lontani dalle coste ed a maggiori altezze sul livello del mare.
Nello Yala National Park dello Sri Lanka infatti, casa di  centinaia di bufali, elefanti, coccodrilli, leopardi, scimmie ed altri numerosi mammiferi non è stata trovata nessuna traccia di carcasse nonostante lo tsunami in quei territori del parco sia arrivato con grande violenza inondandolo quasi completamente! 

Bibliografa:
- “Tsunami Survey Expedition, Maldivian Coral Reefs, 2 weeks after” Marine Science Group.
- “Il rischio tsunami” di L. Bignami.
- Articoli: “Tsunami, cosa ha protetto le Maldive” e  “La verità sulle Maldive”.
- Articolo: “Il sesto senso ha salvato tutti gli animali”.

 

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